IL 25 APRILE VISTO CON GLI OCCHI DEI NOSTRI RAGAZZI DELLA QUINTA PRIMARIA E DEL CONSIGLIO DEI RAGAZZI LIBERI E SOLIDALI DELLA SCUOLA SECONDARIA

da Katia Roberto

Docente

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25 aprile: Festa della liberazione…dalla guerra

(Gonfalone, bandiera della pace e bandiera di Italia).

Siamo i rappresentanti degli alunni dell’Istituto Gallo Positano.

Siamo sempre contenti di partecipare a momenti come questo, perché questi momenti sono per noi prima un’occasione per pensare insieme e poi uno spazio per contribuire con il nostro pensiero. È anche attraverso queste occasioni che stiamo imparando a credere nel valore del nostro pensiero, perché ci sentiamo invitati ad esprimerlo ed abbiamo uno spazio di ascolto. Perciò viviamo queste occasioni con molto impegno.

Siamo consapevoli che questa possibilità di esprimere liberamente il nostro pensiero è un privilegio che non è sempre stato garantito in passato ed anche oggi non è garantito dovunque.

Sappiamo bene che qualcuno in passato ha dovuto “conquistare” questa possibilità per noi, al prezzo della guerra e delle conseguenze della guerra. Anche al prezzo di una guerra civile, come quella che ha vissuto l’Italia, per liberarsi dall’occupazione nazifascista che aveva soppresso ogni libertà.

Anche se oggi festeggiamo la fine di quella guerra, è difficile per noi sentirci in festa. Come si può serenamente festeggiare la liberazione da una orribile guerra civile, mentre vediamo sempre più in pericolo quella pace che allora fu conquistata per l’Italia e per l’Europa?

Oggi sembra quasi che non esistano più pensieri e parole per mettere pace, in nessun luogo. E sembra, perciò, che la guerra dilaghi, in ogni luogo.

Ci sembra anche che i pensieri di pace, proprio mentre si respira un clima di guerra, non siano considerati pensieri seri e siano trattati come pensieri per bambini, per chi non può capire quanto – invece- serie ed importanti siano le ragioni della guerra.

Ma noi vogliamo proprio parlare di pace ed essere presi sul serio.

Abbiamo riflettuto a lungo, ci siamo confrontati fra noi, abbiamo messo insieme i nostri pensieri. E ciò che stiamo leggendo in questo momento è davvero condiviso. Lo abbiamo costruito attraverso le regole della democrazia.

Abbiamo voluto, in questo modo, che non solo il contenuto dei pensieri, ma anche e soprattutto il modo di costruirli fosse un omaggio a chi ha liberato l’Italia dalla dittatura ed ha permesso a noi di vivere in una democrazia e di partecipare con un pensiero condiviso a questa celebrazione.

Ecco, proprio di questo vogliamo parlare. Vogliamo commentare quell’ espressione tanto bella che ricorda che chi è morto in guerra ha regalato la pace alle generazioni future. Chi è morto per conquistare i più importanti diritti umani ha permesso a noi di vivere in una società ed in un Paese che rispetta i diritti di tutti. E questo non va dimenticato, è vero, ma – secondo noi – non basta per poter considerare una guerra passata, presente o futura una strada giusta da imboccare per risolvere una controversia.

Proveremo a spiegare perché.

Noi studiamo la storia e vediamo bene che la guerra c’è sempre stata e che tutte le grandi conquiste hanno alle spalle una guerra. Un nostro compagno, mentre preparavamo questo intervento, ha detto: se l’Italia è unita è grazie alla guerra e se l’Italia è una democrazia è grazie alla guerra. Sembra proprio che tutto non possa che cominciare dalla guerra!

Questa è la storia è vero. E noi lo sappiamo.

Ma lo studio della storia non ci educa alla guerra o ad accettare la guerra. Ci aiuta, invece, a capire quanto la guerra sia ingiusta e insensata. Pensiamo al senso che può avere una guerra che si combatte per consegnare la libertà alle generazioni future e intanto toglie la libertà di vivere alle generazioni presenti, ma anche a quelle future, perché uccide i bambini. Pensiamo a quanto sia lontana dalla giustizia una guerra in cui muore chi non l’ha voluta, non l’ha scelta, non l’ha capita. Quasi sempre nella storia, ma anche oggi, a volere e scegliere la guerra sono pochi uomini, non i popoli, solo alcuni uomini che in quel momento sono i potenti, che quasi mai, poi, vivono la guerra esponendo la propria persona.

Non c’è niente di più ingiusto ai nostri occhi.

Abbiamo anche considerato, sempre con l’aiuto della storia, come tutto nel tempo evolve. Evolve il bene, ma anche il male. Evolve anche il modo di fare la guerra, nella direzione della capacità distruttiva.

Perciò, oggi, noi che vogliamo essere ragazzi giusti e felici, rendiamo omaggio ai Partigiani che con il loro sacrificio ci hanno consegnato una Repubblica fondata sui principi della più bella delle Costituzione. Ma vogliamo anche dire agli adulti di oggi – e lo ripeteremo ancora, se ne avremo ancora occasione – che la storia della guerra che si combatte per salvare le generazioni future deve finire il prima possibile, perché dopo le prossime guerre potrebbe non esserci una generazione futura.

 

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